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Esselunga chiude le porte alle cooperative

81003Nel suo fitto testamento, il patron di Esselunga, Bernardo Caprotti, ha chiuso le porte alla possibilità di diventare una cooperativa. ora e per sempre. Nel documento del fondatore della più grande catena di supermercati in Italia, è infatti contenuto un riferimento esplicito alla volontà che Esselunga non finisca mai nelle mani di una cooperativa, per una decisione che è definitiva.

Il documento, di 13 pagine, è stato redatto il 9 ottobre 2014 nello studio Marchetti, e contiene numerosi spunti di riflessione per il tessuto imprenditoriale italiano. “Dopo tante incomprensioni e tante, troppe amarezze – dice il testamento – ho preso una decisione di fondo per il bene di tutti, in primis le diecine di migliaia di persone i cui destini dipendono da noi”.

Tra tali decisioni, la spartizione del capitale in maniera tale che la guida azionaria non sia figlia di lotte familiari “inutili” (si legge ancora nel testo). Di qui, la volontà di dare il 70% di Esselunga e il 55% dell’immobiliare a Giuliana Albera e alla figlia Marina, e il resto in parti uguali ai figli di primo letto, Giuseppe e Violetta.

Per quanto concerne il futuro, la strada sembra essere tracciata. Supermarkets Italiani è una società attrattiva, “a rischio” ed è troppo pesante condurla, pesantissima “possederla”. Insomma, un testamento che è anche una confessione di quanto sia stato difficile far arrivare Esselunga al punto in cui è oggi approdata, e che in fondo conferma la presenza di profonde divisioni familiari, e posizioni piuttosto lontane. Di qui, ulteriormente, la decisione di rivedere la prima versione dell’eredità già nel 2010, quando Caprotti licenzia il vice presidente e storico manager Paolo De Gennis.

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